n. 1 - 24 marzo 2020 - Aspetti emotivi connessi allo smartworking

   Aspetti emotivi connessi allo Smartworking.

   “Finché c’è benessere c’è speranza”.

 

 n. 1 - 24 marzo 2020

In questo momento storico di modifica delle abitudini, rettifica di comportamenti e rivisitazione dei luoghi comuni dovuti all’emergenza Coronavirus anche la Pubblica amministrazione comincia a “testare” lo Smart Working. Lavorare da casa, o meglio in famiglia, è qualcosa di meraviglioso, innovativo e moderno ma come ogni cambiamento la meraviglia è sempre secondaria alle resistenze ed alle criticità naturali.

Dopo anni di paradigma nel quale la struttura gerarchica e la presenza fisica contemporanea e continuativa di capo e sottoposto hanno garantito un continuo controllo ed indirizzamento delle risorse, tutto ad un tratto ti ritrovi a casa, in tuta e spettinato, a gestire diverse problematiche.

Da una parte, i problemi lavorativi. Da quelli tecnici - non tutti hanno internet ed un computer a casa ma tutti sono dotati di smart phone - a quelli connessi alla logica cartacea - senza il pezzo di carta l’Italia sembra fermarsi, a quelli relazionali condizionati da sistemi virtuali – se non me lo confermi per iscritto non mi muovo (nonostante la decennale esperienza curriculare nel settore).

Dall’altra, i problemi familiari. Oltre a dover lavorare da casa, infatti, siamo anche in famiglia con figli, mogli e mariti che non possono uscire, per decreto, come noi ed incarnare i diversi ruoli in gioco senza fare uso dell’esercito diventa una vera e propria missione.

Tecnica, logica, comportamenti organizzativi e politiche di gestione familiare per la prima volta insieme.

Il fenomeno è sicuramente straordinario ed in gioco, oltre alla copertura dei servizi essenziali, c’è anche il benessere psico-fisico della persona.

Anche perché, non so se lo avete notato, ma siamo molto più nervosi del solito.

Sbaglio?

Una possibile soluzione alla gestione di questo latente nervosismo, finalizzata alla costruzione di un sano equilibrio e di una efficace gestione dello Smart Working è la strutturazione del nuovo “contratto emotivo” con il dipendente prima e con la persona poi.

Il “contratto emotivo” tra azienda e collaboratore nella maggior parte delle organizzazioni è basato sulla sfiducia, come dimostra la Teoria X di Douglas McGregor: “il dipendente è pigro, inaffidabile e disonesto”. Se non fosse così, l’azienda non sarebbe strutturata per avere uno o più livelli di controllo sulle persone. Semplicemente, si fiderebbe che il dipendente faccia il miglior lavoro possibile.

Il nuovo “contratto emotivo” deve invece basarsi su un nuovo paradigma: il dipendente è pieno di risorse, integro e agisce per il bene dell’organizzazione.

Con questa visione la cultura aziendale evolve da sfiducia tradizionale a fiducia moderna.

E solo con questa convinzione sarà possibile il vero upgrade al lavoro smart e facilitare il benessere di base della persona.

I processi aziendali normalmente sono lo specchio della cultura aziendale.

Affinché i processi supportino la cultura della fiducia è necessario rivedere i livelli di autorizzazione, la gestione dell’errore, i sistemi decisionali, l’orizzontalità organizzativa e la pianificazione di politiche di incentivazione centrate sulla condivisione di idee innovative. In questo senso cambia il rapporto: capo-collaboratore, non più focalizzato sul monitoraggio/controllo del dipendente e sull’accentramento delle decisioni ma centrato sul coordinamento della condivisione e la facilitazione della trasparenza informativa. Supportando così le persone ad ampliare la propria visione e responsabilizzando le stesse verso la presa di decisioni collettive.

In questo modo, da remoto, potrà cominciare a formarsi quel “nuovo” senso di appartenenza tipico di una Squadra che sa muoversi come un sol uomo.

Da una parte una guida solida - che non può giocare al nostro posto (Allenatore/Manager) - ma che sa motivare la propria squadra incoraggiandola a prendere decisioni, a formulare proposte e ad agire con iniziative condivise. E dall’altra il dipendente che sentendosi parte e non più spettatore comincerà a muoversi nella stessa direzione dei nuovi stimoli.

Tutto questo ovviamente potrà avvenire grazie alla dotazione di strumenti innovativi e agili come: piattaforme online di collaborazione che consentano la condivisione di documenti, la possibilità di comunicare con i propri colleghi e di avere un report di tutti i documenti e delle decisioni del team nonché strumenti audio e video conferenza con ottima connessione alla rete.

Per introdurre lo Smart Working, dunque, nella PA non basta lavorare da casa.

È necessario prima di tutto un cambiamento di paradigma importante che consideri la Persona.

Questo consentirà al dipendente di rivedere il proprio “contratto emotivo” familiare in un’ottica non più di stress da lavoro smart-correllato.

E dunque senza l’uso dell’esercito.

Che ne pensate?

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